Vogliamo raccontarvi cosa significa “Vetro di Murano” per noi.
Già dalle prime collaborazioni con l’architetto Simona Marta Favrin, abbiamo abbracciato la sua passione per il vetro artistico di Murano. Ci siamo appassionati alle antiche tecniche di lavorazione che, sopravvissute di fornace in fornace fino ai giorni d’oggi, rendono questo materiale patrimonio culturale ed artistico dell’Italia.
La nostra attività ha profonde radici nel territorio da cui proveniamo: il Vetro è per noi molto più di un semplice materiale, è diventato il nostro modo di rafforzare le origini dell’azienda e il suo legame con Venezia, culla di più di mille anni di storia del vetro, città madrina che lo rappresenta in tutto e per tutto. Uguali nell’essere opere d’arte di immensa bellezza, uguali nella loro fragile delicatezza e nella loro instancabile sopravvivenza, uguali nell’essere via di salvezza.
L’attività vetraria in laguna risale all’epoca tardo romana, 900 a.C., quando l’arrivo dei barbari costrinse gli abitanti delle vicine città romane a cercare rifugio nelle isole. L’arte vetraria esisteva da secoli e, al momento di questa fuga verso la salvezza, quelli che furono i futuri Veneziani non rinunciarono a trasferire anche le fornaci, nonostante tutte le avversità.
La lavorazione del vetro artistico è riuscita ad arrivare fino ai giorni nostri grazie a questi uomini, che hanno tramandato e custodito questo sapere antico, da padri a figli, di generazione in generazione, arricchendo quest’arte con creatività ed ininterrotta ricerca della perfezione.


Grazie all’intuizione e all’ingegno di Angelo Barovier, vetraio di una antichissima famiglia muranese, a partire dal 1450 si diede il via ad un’evoluzione nelle tecniche di lavorazione, che nei secoli successivi si svilupparono fino ad ottenere vetri sottili e di elevatissima purezza.
La Serenissima Repubblica di Venezia istituì addirittura dei riconoscimenti per i Maestri vetrai che riuscirono a portare innovazione alle tecniche di lavorazione del vetro. Dal 1605 introdusse il Libro d’Oro, raccolta di tutti i nomi della nobiltà vetraria di Murano (nome attribuito alla cerchia dei maestri vetrai più importanti), con l’intento di limitare il più possibile il loro espatrio.
Nel corso dei secoli accade più volte che il vetro di Murano perse richiesta a causa della scoperta di nuovi materiali, ma ci fu un ritorno sempre crescente e sempre più attento a questo materiale. Così anche nell’epoca odierna quest’arte antica viene richiesta da collezionisti, amanti del vetro e dell’arte, ma soprattutto da artisti e designer che lo usano come mezzo espressivo, fondendo idee e progetti contemporanei all’antica lavorazione vetraria.


Per noi utilizzare il vetro di Murano in questo momento è diventata una sorta di sfida, tecnica e mentale, che ci stimola ad essere creativi nel rispetto delle nostre radici, che rafforza il legame al nostro territorio e all’arte che lo permea.
Tra le tante lavorazioni, due sono le tecniche che utilizziamo nelle nostre fontane.
Per la realizzazione di lastre vitree utilizziamo la tecnica della vetrofusione: tessere di vetro di diverso colore vengono accostate su una base di argilla refrattaria o su una piastra di fibra ceramica e fuse in un forno in modo da ottenere un tessuto vitreo multicolore (vetro mosaico o murrina). La lastra piana, appoggiata su supporti compatibili, può assumere, ad alte temperature, una infinità di forme; le tessere di vetro opportunamente sagomate e unite ad ossidi di vetri, smalti o altre sostanze danno vita a “quadri” con effetti multicolori e profondità inaspettate.
Questa tecnica, alla quale ci siamo avvicinati per la realizzazione della corazza vitrea de “il mostro della laguna”, è stata poi utilizzata per la realizzazione delle lastre di scorrimento della” linea vetro” della nuova collezione di fontane da interno “Le Sirene”.


Assieme alla vetrofusione, utilizziamo spesso anche la tecnica del vetro soffiato.
La lavorazione in fornace prevede che il vetro, composto principalmente da sabbia silicea purissima e ossidi metallici comuni o rari che ne determinano il colore, venga fuso ad altissime temperature.
Soffiato a bocca e lavorato a mano, necessita di gruppi di lavoro composti da un maestro e da altre tre o quattro persone, la “piazza”, specializzate nelle diverse fasi della lavorazione: “aperto a mano”, “sommerso”, “fenicio”, “reticello”, “pulegoso”, sono solo alcune delle infinite tecniche di lavorazione con cui il vetro incandescente viene manipolato con incomparabile maestria dagli eredi di una tradizione millenaria.
Una volta realizzato, ancora molto caldo, il pezzo viene introdotto in un lungo forno di raffreddamento a nastro, la “tempera”, in cui scorre e si raffredda lentamente in molte ore di permanenza, uscendo pronto per le successive lavorazioni, come la molatura, la battitura, l’incisione o la decorazione.


Queste lavorazioni impreziosiscono le nostre fontane, trasformando ogni realizzazione in un’opera d’arte unica ed irripetibile.