Una fontana o un gioco d’acqua per funzionare correttamente ha bisogno di acqua pulita e priva di calcare, detriti e agenti patogeni. In generale, una fontana “funziona correttamente” quando ha un’acqua limpida, per permettere il perfetto funzionamento delle pompe e degli ugelli, priva di calcare, per non ricoprire le superfici con un’inestetica patina bianca, e salubre, quindi, senza agenti patogeni, alghe o inverdimenti.
Per avere un’acqua limpida e pulita bisogna progettare correttamente le parti MEP della fontana, prevedendo un impianto di filtrazione e ricircolo dell’acqua e un controllo e bilanciamento automatico dei livelli di pH e Redox. Ma cosa è meglio utilizzare: cloro o bromo? È un quesito che ci hanno posto in tanti e noi continuiamo a scegliere il cloro (ipoclorito di sodio) e vi spieghiamo il perché.
Il punto di partenza: pH e Redox
Iniziamo col fare chiarezza su cosa significhino le sigle pH e Redox.
La sigla pH denota il potential of Hydrogen (“potenziale di idrogeno”), una grandezza fisica che indica l’acidità (e quindi la basicità) in soluzioni gassose e liquide. Il suo valore va da 1 a 14, per esempio, il pH dell’acqua pura a 20°C è pari a 7 (neutralità). Nel caso delle fontane si consiglia di tenere il pH tra 7.2 e 7.6 e per fare ciò bisogna lavorare sul bilanciamento della concentrazione di acido nell’acqua. Un acido è una sostanza che libera ioni idrogeno, mentre un alcale è una sostanza che libera ioni OH- che catturano gli ioni idrogeno, quindi se si aggiunge un acido all’acqua, il pH scende tanto più alta è la concentrazione dell’acido. Invece, se si aggiunge un alcale, il pH sale tanto più alta è la concentrazione dell’alcale, in questo modo se ad una soluzione alcalina con pH sopra a 7 si aggiunge un’opportuna quantità di acido, si va a neutralizzare l’alcalinità portando il pH verso 7. Nelle nostre fontane usiamo l’acido perché solitamente partiamo da dei valori di Ph più alti di 7, dovuti ai sali disciolti, infatti più un’acqua è calcarea più il pH è alcalino.
Redox, abbreviazione di Reduction (red = riduzione) e Oxidation (ox = ossidazione), ovvero reazione di ossidoriduzione, descrive una reazione chimica in cui avviene il trasferimento/scambio di elettroni tra due sostanze reagenti. Questo concetto è utilizzato per valutare la tendenza dell’acqua a cedere o guadagnare elettroni quando viene a contatto con altre sostanze: un valore positivo indica una maggiore propensione dell’acqua a ossidare (neutralizzare) organismi o altre sostanze presenti nell’acqua uccidendo i batteri.
L’acqua per poter essere utilizzata in una fontana deve rispondere a precise esigenze chimico-fisiche e microbiologiche e l’inquinamento deve essere rimosso il più rapidamente possibile. Per fare ciò si va a lavorare sul pH, mediante l’utilizzo dell’acido solforico associandolo ad agenti disinfettanti, come il Cloro o il Bromo.
Controllare il ph è fondamentale perché permettiamo al cloro di “funzionare meglio”: ogni volta che avviene una reazione di ossidoriduzione il pH si alza, pertanto, se non avessimo l’acido che lo va ad abbassare, ci ritroveremo con un pH molto alto e quindi meno reazioni di ossidoriduzione, di conseguenza meno potere disinfettante del cloro.
Il Cloro
Con il termine Cloro ci riferiamo all’ipoclorito di sodio NaC1O, un cloroderivato ad ampio spettro d’azione. Tale composto chimico, una volta sciolto in acqua, ha la capacità di liberare acido ipocloroso (HC1O, responsabile dell’azione germicida e sanificante), oltre che bruciare le impurità organiche presenti nell’acqua (batteri, alghe, foglie, ma anche ammoniaca contenuta nel sudore, urine, ecc.). L’acido ipocloroso reagisce con le sostanze che trova nell’acqua (ossidazione), le quali sono formate da carbonio (C), idrogeno (H), azoto (N), zolfo (Z) ed ossigeno (O), in differenti rapporti. L’ossidazione trasforma queste sostanze in CO2 (anidride carbonica), H2O (acqua), N2 (azoto gas) o N3 (nitrati), SO4 (solfati), ma queste trasformazioni non sono immediate, perché passano attraverso numerosi composti.
Tra i valori da tenere in considerazione c’è il cloro disponibile totale, il quale è presente come cloro libero e cloro legato o cloro combinato. Il cloro libero, ovvero l’ipoclorito di sodio e i composti a base di cloro, è da 100 a 1000 volte più veloce nell’uccidere le specie microorganiche rispetto al cloro disponibile legato. I suoi valori devono essere compresi tra 1.0 e 1.5 ppm (mg/litro). Quando il cloro libero si combina con i contaminanti, diventa cloro combinato o legato, noto anche come clorammine (si riferisce a 3 clorammine e cloro-derivati organici), il quale è la causa delle irritazioni oculari e cutanee e della nota “puzza di cloro”. Affinché il cloro libero possa svolgere a pieno la sua azione disinfettante e per evitare che l’acqua irriti la pelle o gli occhi, i valori di cloro combinato devono essere mantenuti inferiori a 1 ppm (mg/litro). In questo modo si può affermare che lo scopo della clorazione è quella di produrre il più possibile cloro libero e non clorammine: solo se si riesce a dosare il cloro proporzionalmente all’inquinamento che arriva si può avere cloro libero disponibile e un basso livello di clorammine, ma ciò è possibile solo attraverso l’impiego di sistemi di dosaggio automatici con controllo continuo dei valori tramite sonde.
L’ipoclorito di sodio è il prodotto per eccellenza e più utilizzato per la disinfezione delle piscine e delle fontane, perché allo stato liquido presenta un’elevata stabilità alla fotolisi e all’evaporazione, agisce come ossidante ed elimina le sostanze organiche non filtranti.
Il Bromo
Il Bromo è un elemento chimico con il simbolo Br e numero atomico 35, il cui nome deriva dal greco bromos = odore e si riferisce all’odore sgradevole dell’elemento allo stato liquido. Come il cloro, fa parte degli alogeni (dal greco ἅλς + γενος = generatore di sali) o elementi del gruppo 17 della tavola periodica, i quali sono elementi capaci di combinarsi con i metalli per dare sali non contenenti ossigeno (sali aloidi). Analogamente al cloro che libera acido ipocloroso, i derivati del Bromo liberano l’acido ipobromoso che è anch’esso un composto con capacità disinfettanti e ossidanti. Quando il bromo puro viene messo in acqua forma acido ipobromoso (HBrO) e acido bromidrico (HBr): la differenza sostanziale rispetto al cloro è che il bromo combinato (bromoammine) è meno stabile rispetto al cloro combinato, per cui risulta essere meno fastidioso agli occhi e sulla pelle. Il bromo, rispetto al cloro, risulta essere meno sensibile alle variazioni di pH, ma è importante mantenere i livelli di pH sopra i 7,4 (7.5-8) poiché per valori inferiori la velocità di disinfezione del Bromo è più lenta. A differenza del cloro, l’attività del bromo resta efficace anche ad alte temperature e con pH più elevato, per questo motivo viene impiegato nelle Spa e per il trattamento delle acque termali, ma possiede un’azione ossidante minore, quindi si favorisce la crescita di sostanze organiche nell’acqua.
A differenza del cloro, il bromo liquido è poco utilizzato per problemi di maneggio e di sicurezza, pertanto si si preferisce il bromo in tavolette, per il quale è indispensabile un bromatore. Il bromatore è uno strumento molto simile al cloratore a lambimento 8del quale vi avevamo parlato in un precedente articolo): una sorta di grande tanica con coperchio dove vanno inserite le pastiglie di bromo, le quali mescolate all’acqua che poi va immessa in vasca. Per avere dei valori precisi – letti e sistemati automaticamente dalla centralina – bisogna che il bromatore sia corredato da un’elettrovalvola, altrimenti si avrebbe il cosiddetto “lambimento”, ovvero un sistema molto basilare e impreciso che immette in vasca l’acqua trattata con bromo in modo indeterminato, perché la quantità di prodotto chimico rilasciata nell’acqua non è precisa e quantificata, ma varia a seconda della quantità di prodotto immessa e contenuta nel recipiente stesso. In questo caso, per capire se i valori di bromo sono bilanciati in modo corretto bisogna analizzare l’acqua manualmente con degli appositi tester e variare la concentrazione di prodotto intervenendo manualmente sulla valvola di regolazione.
Cosa è preferibile utilizzare nelle fontane?
In conclusione, sebbene il bromo rappresenti un’alternativa valida al cloro, i suoi costi sono almeno 4 o 5 volte superiori, rendendo la scelta meno conveniente dal punto di vista economico. Infatti, l’utilizzo del bromo comporterebbe un aumento significativo dei costi di gestione della fontana, senza apportare vantaggi tangibili rispetto al cloro. È importante sottolineare che il bromo trova impiego principalmente nelle spa e nelle piscine termali, dove l’acqua raggiunge temperature elevate tra i 37° e i 40°C, ottimizzando così l’efficacia del suo potere disinfettante rispetto al cloro. Tuttavia, nel contesto delle fontane, dove le temperature dell’acqua non raggiungono tali livelli, l’impiego del bromo e i relativi costi aggiuntivi non sarebbero giustificati.
Quindi ripetiamo la domanda: Cloro o Bromo nelle fontane? Cloro e lunga vita ai vostri giochi d’acqua!