Siamo stati invitati a Milano per partecipare a un evento del Gruppo Azimut dedicato a “L’arte di fare impresa”. Una riflessione del nostro CEO Gianluca Orazio sull’evoluzione dei mercati internazionali e la situazione delle imprese italiane.
“Entusiasmo o frustrazione?
Siamo sulla giusta via o sarà una strada lunga, faticosa e piena di ostacoli?
L’essere un’impresa consapevole pone sempre delle grandi riflessioni che mettono in evidenza le due facce della stessa medaglia. Il fatto che Ecosistem con i suoi brand, Forme d’Acqua, E-Gardening ed E-Pestcontrol sia stata invitata ad un evento così importante ed internazionale, ci fa onore perché significa che sono stati riconosciuti i nostri valori e l’impegno che tutti noi abbiamo messo in questi anni per farla cresce smart, sostenibile ed internazionale”.
Al di là del tema originale, Azimut è il primo fondo Private Equity “democratico”. Azimut libera impresa ha portato contenuti specifici, fatti, esperienze vere, concrete, che hanno fatto emergere come in Italia siano presenti aziende strutturate, competenti ed internazionali, dove le competenze sono fatte dalle persone, dove l’essere strutturati vuol dire gestire anche il credito in modo intelligente, diversificato e proporzionato e dove internazionalizzare vuol dire essere capaci di trasferire know-how, produzione, investimenti,oltreché vendere off-line o on-line.
Il mercato è cambiato in modo imprevedibile, veloce, spostando gli equilibri internazionali. Ciò che era nuovo come poteva essere l’Europa di qualche anno fa, ora è vecchio, decadente e si sta svuotando, alla faccia di chi parla di immigrazione senza prendere minimamente in considerazione il fatto che siamo nel pieno di un importante fenomeno di emigrazione dall’Europa verso Medio Oriente e Oriente.
Il “Vecchio” West oggi più che mai è tale sia politicamente che economicamente, è verso Oriente quindi che le imprese devono guardare, incamminandoci con consapevolezza e umanità lungo e sottolineo lungo la via della seta (Silk road).
Il Made in Italy è sinonimo di bellezza, che oggi spesso sostituiamo o confondiamo con il termine design, ma quando questa parola ancora non si usava, l’essere italiano e il prodotto italiano erano sinonimi di saper fare, di prodotto durevole, di ospitalità e buongusto.
Di questi esempi ne siamo pieni, architetti, artigiani, industriali, il ricettivo, i nuovi mestieri che neanche potevamo immaginare sarebbero esistiti, l’Italia ne è piena. Ciò di cui siamo carenti sono gli imprenditori, coloro i quali sanno fare di un mestiere un’impresa. Manca la struttura, manca l’organizzazione, manca la consapevolezza, manca la partecipazione alla formazione, vero strumento di crescita economica, personale e sociale. Ecco perché dico “Entusiasmo o frustrazione”, perché vedo e vediamo un potenziale esprimibile enorme, che può generare un grande entusiasmo oltre che un grande PIL, “but” hai presente quel ma che ti taglia le gambe, quello che già sai come finirà la frase, no?
Proprio così ma… mancano le competenze manageriali, mancano gli imprenditori lungimiranti, mancano gli imprenditori che pensano a far sopravvivere l’impresa a se stessi, mancano gli imprenditori che si preparano al cambio generazionale, mancano ancora troppi imprenditori che credono nelle donne.
A questo si aggiunge uno stuolo di politici incompetenti e spesso imbarazzanti.
Le relazioni politiche internazionali sono la base per costruire il business su tutti i livelli, dalle grandi, imprese come ENI o Agusta Westland fino alle medie e piccole aziende, ovvero quel tessuto che costituisce circa il 70% del PIL italiano.
“Forza del manifatturiero si traduce in successo del made in Italy. L’analisi degli ultimi dati disponibili sulle esportazioni dirette delle imprese manifatturiere per dimensione di impresa indicano che le Piccole e Medie imprese italiane hanno venduto all’estero per 162,2 miliardi di euro, pari al 9,8% del PIL nazionale.” Fonte Confartigianato, analisi dati 2018
Dati che tradotti indicano quanto abbiano bisogno di aiuto!
Le nostre esportazioni potrebbero raddoppiare se fossimo poi supportati da una classe politica che crede nelle imprese del proprio Paese e che sviluppa le relazioni con l’estero, aprendoci la strada con credibilità e solidità, rafforzando il lavoro delle ambasciate e dei consolati, così come dell’ICE e delle CCIAA italiane all’estero, che invece arrancano cercando di sopravvivere con servizi a pagamento e CRM datati e generalisti.
Il mercato però è li, la nuova Unione Economica Euroasiatica è li e sta crescendo, immaginate se l’Iran dovesse entrarne a far parte, la Cina è li, l’India e tutti quegli stati lungo la via della seta, sono tutti li.4.000.000.000 di persone, di consumatori da ingaggiare con una sfida completamente nuova per loro e per noi, quella della sostenibilità vera, quindi persone che possiamo convertire da consumatori a valorizzatori, generatori di valore economico, ambientale e culturale.
Voi pensate che esista un altro Paese al mondo con un potenziale innato e coltivato più grande del nostro per convertire le persone da #consumatori a #valorizzatori*?
Quindi “Entusiasmo o frustrazione”? Siamo sulla giusta via o sarà una strada lunga, faticosa e piena di ostacoli?
Ognuno darà la sua risposta, ma non ci sono due strade per il futuro, buon cammino e speriamo di incontrarci presto
Il commento del CEO
Gianluca Orazio
*Il significato che attribuisco a questo target è di consumatori consapevoli, ovvero che scelgono prodotti o servizi non energivori, quindi aziende o brand che si distinguono sul mercato per un approccio sostenibile. Energia pulita, risparmio idrico, basso consumo di plastica, bassa produzione di rifiuti, prodotti durevoli, ecc ecc sono leve che il nostro Paese può giocarsi rispetto al competitor cinese per esempio, sopratutto nel contendersi fette di mercato euroasiatico, dove la Cina è a due passi dal loro confine.